CITAZIONE
<< Muriel a me piacerebbe conoscere ( e credo anche ad altri di questo forum) la tua esperienza di quando eri un novizio, un poppante delle mnemotecniche>> (Massimiliano Masala)
Ciao Massimiliano
Come ho già avuto modo di riportare in uno dei miei precedenti post, all’Università, senza saperlo, utilizzavo in modo inconsapevole la tecnica del link e la tecnica dei loci.
Ho scoperto ufficialmente tali tecniche di memoria solo dopo, assieme a tantissimi altri espedienti, trovando per caso in una libreria il libro di Tony Buzan “Usiamo la memoria per ricordare quasi tutto”.
Per rispondere alla tua domanda devo fare un distinguo tra la mia esperienza prima della scoperta di tale libro e dopo.
Madre natura fortunatamente mi ha dotato di una buonissima memoria naturale.
A scuola ho sempre avuto ottimi risultati, accompagnato da una memoria da elefante.
Alle superiori, un insegnante di diritto , mi aveva trasmesso un importante imprinting.
Il diritto è una materia molto particolare, dove bisogna sapere veramente tutto a memoria. Quell’insegnante, per lo sconforto generale della classe, ci aveva detto che pretendeva che noi sapessimo sempre tutto a memoria, utilizzando i termini tecnici propri del diritto, non altri (es. esperire un’azione, inficiare, adire le vie legali ecc.) con riferimenti costanti al codice civile
Ci aveva spiegato che in tale materia un elemento da sfruttare molto è la memoria uditiva
Il leggere e rileggere gli articoli ad alta voce avrebbe creato la stessa musicalità di quando si ascolta passivamente una canzone e poi misteriosamente la ricordiamo.
Ci aveva spiegato di più: leggere a voce alta con una certa velocità di lettura avrebbe evitato distrazioni , con quindi una migliore memorizzazione (è lo stesso principio che funziona per la memorizzazione delle carte: per ridurre gli errori di memorizzazione bisogna aumentare la velocità, sfidando i propri limiti. Il cervello si abitua gradualmente a quella velocità; è lo stesso meccanismo di quando in autostrada parto piano, poi assumo un’andatura a 130 km all’ora, dopo un po’ sembra quasi di non correre più…).
Ci aveva inoltre evidenziato di alternare lo studio silente allo studio ad alta voce, il cui ottimale utilizzo dipende da tantissimi fattori, anche personali
Sono stato quindi buttato a mare nella memorizzazione continua di materiale giuridico, che evitabilmente ha determinato un preciso atteggiamento verso le cose da memorizzare: la cultura di non tralasciare mai alcun particolare o sfumatura.
Un approccio che lentamente è stato travasato alle altre materie di studio
Mi sono accorto che più cose memorizzavo, più facilità avevo a memorizzarne altre , attratte come da una calamita alle cose acquisite (è il principio, che ancora non conoscevo, con cui si associa qualcosa di non conosciuto a qualcosa di noto; maggiori sono le cose note , maggiori sono i ganci mnemonici cui poterle abbinare).
Sono quindi arrivato all’Università con una buona palestra mnemonica alle spalle, basata tuttavia solo sull’utilizzo della memoria naturale, senza nessun tipo di espediente
La prima cosa da comprendere era il diverso modo di affrontare il materiale di studio, non più rappresentato da interrogazioni su micro parti del testo, ma su libri interi.
Mi si poneva quindi il problema di trovare un metodo che consentisse sia una visione di insieme ma altresì una estrema profondità conoscitiva.
Spontaneamente, senza che nessuno me lo avesse insegnato, il mio primo imprescindibile step era questo:
programmare ex ante il programma di studio.
Quindi: individuare il numero di pagine di cui si componeva il libro/libri, definire il tempo a disposizione per preparare tale esame, per arrivare quindi ad una pianificazione giornaliera del numero di pagine da studiare ogni giorno, avendo cura di impostare una tabella di marcia sostenibile e contemplante anche giornate di non ottimale performance.
Il secondo step era sempre di sfogliare materialmente l’intero materiale, pagina per pagina, guardandolo proprio visivamente
A quel tempo non avevo cognizione delle mappe mentali per aiutarmi a fissare il contenuto dell’indice, che imparavo solo blandamente per avere una idea generale del libro, il cui approfondimento lo demandavo nello studio dei singoli capitoli-
L’approccio nello studio di ogni capitolo era poi il seguente - terzo step
Per prima cosa, leggevo silente senza penna e matita in mano l’intero capitolo. Questa lettura mi conferiva sempre una visione molto generica dell’argomento.
Quarto step, per me la cosa più importante: sottolineare .
L’abilità nel sottolineare sta nel cogliere le cose importanti, nessuna esclusa, tralasciando le cose inutili e ridondanti. Una volta sottolineato però’ non rileggevo più il materiale scartato. Questo è un passaggio chiave
Quinto step, il
perno del mio metodo, la cosiddetta scala 1:10.
La scala 1:10 consiste nel trasferire lo stesso contenuto informativo sottolineato e presente in 10 distinte pagine, in un unico foglio, sfruttando il seguente ragionamento.
Supponiamo che il primo paragrafo da studiare sia di 10 pagine; nella prima pagina ho 4 righe sottolineate, sparse qua e là nella pagina stessa, nella pagina due ho 7 righe sottolineate, distribuite in maniera non uniforme nella stessa pag. 2; nella terza ho 15 righe sottolineate, nella 4^ 9 righe e così via, si comprende bene che per ricordare quel materiale sparso in modo frazionato, la mente deve fare sforzi sovraumani per ricordare la sequenza del testo; devo ricordarmi che nella prima pagina ci sono 4 righe diversamente distribuite , nella seconda 7 ecc... Questa modalità può essere gestibile per piccole frazioni di testo, come avviene alle superiori, ma su un libro intero non può essere certamente un meccanismo efficace ed efficiente
Con la scala 1:10 le righe sottolineate nelle 10 pagine del libro vengono trasferite in un unico foglio, in un'unica pagina, con una disposizione non lineare, evidenziando con colori parole chiavi, punti cruciali.
Senza saperlo utilizzavo un mix tra le mappe mentali e le mappe concettuali.
Tutto il materiale era tuttavia contenuto, e non riassunto, in tale foglio. Leggendo un foglio di fatto leggevo l’equivalente di 10 pagine del libro, che però non toccavo più
L’applicazione della scala 1:10 semplifica enormemente lo studio: per memorizzare un testo sottolineato di 100 pagine, in realtà ne devo studiare 10, con un diverso impatto anche a livello inconscio
Il materiale informativo , anziché in 100 pagine, è compattato in 10 singoli fogli aventi una disposizione spaziale delle informazioni sempre diversa.
Questa disposizione spaziale rappresenta un ulteriore gancio visivo , che evidenza con chiarezza la struttura delle informazioni .
In altri termini quello che ho sempre chiamato lo scheletro del libro, fondamentale per padroneggiarne il contenuto
Poi studiavo con la stessa profondità che ci aveva insegnato il professore di diritto delle superiori, alternando sia lo studio silente che quello ad alta voce, anche a seconda delle giornate, in modo spontaneo ed istintivo. Memorizzavo in prima battuta così.
Avevo poi imparato ad estrapolare alcune parole chiave, che evidenziavo. Quindi i mi costruivo delle piccole storie che legavano queste parole chiave sottolineate.
Se in prima battuta si studia senza tecniche particolari, bastano poi poche parole chiave per richiamare visivamente ampie porzioni di testo, che sono proprio visualizzabili all’occhio della mente.
Queste storie assurde inizialmente le scrivevo e basta . Poi è sopraggiunta l’intuizione di collocare l’immagine iniziale di quelle storie in punti delle mie stanze (non conoscevo ancora la strutturazione di Dean Vaugh o quella ancora più articolata di Gregor von Feinagle)
Nell’ingresso della camera mettevo l’immagine del titolo del capitolo.
A quel tempo non avevo la più pallida idea di come adattare gli spazi mnemonici al testo da memorizzare e di come collegare i loci tra di loro, anche se fisicamente non contigui -il principio dell’impaginatore-
Il contenuto del capitolo era compresso con il meccanismo della scala 1:10.
La memorizzazione in prima battuta era affidata alla sola memoria naturale.
Il richiamo del testo era poi facilitato con poche parole chiave legate insieme da quello che non sapevo essere il link versione classica. La sequenza delle storie e quindi del materiale era fissato con quello che non sapevo fosse il loci – link, ossia il collocare la prima immagine di una storia in un loco per dare un ordine ed una sequenza alle storie e quindi al materiale informativo.
La sera prima di addormentarmi, rivedevo sempre in pochi istanti quelle storie , rappresentate da poche parole chiave, senza ripetere nulla. Le storie mi richiamavano proprio visivamente ogni pezzo di materiale informativo contenuto nelle pagine compresse, che quindi di fatto ripassavo visivamente
Il giorno seguente in primis ripetevo quello che avevo studiato il giorno prima e consolidato con la visualizzazione delle storie. Era il buon senso che mi spingeva a fare così
Nulla sapevo a quel tempo della curva di Ebbinghaus e del famoso “Rules of five “ coniato da Dominic O’Brien per le ripetizioni scadenziate, che ho invece concretamente applicato ad esempio nella memorizzazione delle 4110 cifre del pi greco.
Quando ripetevo, facevo finta di spiegare le cose come di fronte ad una platea, a voce alta, mimando quello che dicevo.
L’approccio di “
studiare per spiegare” è un qualcosa di completamente diverso dallo studiare semplicemente per ripetere.
Lo studiare per spiegare ti fa cogliere l’essenza delle cose ed i giusti collegamenti, dando concretezza ai ragionamenti
Se il ripetere a voce alta mi aiutava a ricordare, quando dovevo studiare in prossimità degli esami lo facevo invece sempre silente, quasi in tranche e con una concentrazione assoluta
A chi non è mai capitato quando studiava di dire: vedo quello che c’è prima, quello che c’è dopo, mi manca giusto quel punto. Il metodo del link mi dava certezze granitiche di richiamo in caso di amnesie
Arrivato alla fine del capitolo, ad esempio di 5 paragrafi, avevo quindi 5 storie, collocate in qualche stanza, con una conoscenza perfetta del materiale , sfruttando in primis la memoria naturale, cementata poi dal link e dal loci link
Alla base di buoni risultati , in qualunque campo, penso debba esserci sempre un metodo.
Il mio metodo di studio, creato spontaneamente, mi ha accompagnato nell’affrontare ogni esame, con leggere varianti a seconda della materia, ma con risultati costanti e ottimali.
Pianificazione dello studio, trasformazione del sottolineato con la scala 1:10, memorizzazione naturale, creazione di storie per fissare i punti chiave, inserimento delle storie nei loci per dare ordine ai capitoli ed ai paragrafi, rivisitazione delle storie come ganci per la visualizzazione delle porzione del testo compattato, revisione del materiale e ripetizione dello stesso.
Quando ho scoperto Tony Buzan , usavo loci e link senza una loro conoscenza teorica ( i loci tra l’altro li usavo parzialmente, solo per strutturare la sequenza dei capitoli e dei paragrafi ).
Nulla sapevo del peg, del sistema della forma con numero, del sistema alfabetico, della conversione fonetica, del Sem al cubo , di come moltiplicare e strutturare i loci, di come abbinare diverse tecniche tra di loro con l’approccio combinatorio, che ho scoperto solo molto dopo imbattendomi in Giordano Bruno.
Mi ricordo nitidamente di essere rimasto “ folgorato”, in quel tempo, nel vedere memorizzare in tv un lungo numero che copriva la superficie di una intera lavagna. Mi chiedevo come fosse possibile una cosa così straordinaria e quale razza di tecniche incredibili utilizzasse quella persona
Avrei fatto di tutto pur di “entrare” nella testa di quell’uomo per vedere effettivamente come faceva a memorizzare tutti quei numeri ( saranno stati 200 numeri circa).
Non potevo minimamente immaginare che un giorno quella performance la poteva fare in 5 minuti ; non potevo nemmeno pensare che un giorno , senza sforzi particolari, avrei potuto memorizzare 4110 numeri del pigreco ( la mia partecipazione è stato un modo per testare l’efficacia del mio sistema , la “scientificità” dei ripassi programmati e scadenziati in modo rigoroso secondo “the rule of five”; quest’anno certamente non replicherò tale esperienza , non è nei miei programmi ).
Inizialmente, quando ho scoperto la conversione fonetica, (in quegli anni la si chiamava “sistema superiore”), mi sembrava una delle cose più straordinarie per memorizzare piccole sequenze di numeri. Averla avuta a disposizione alle superiori avrebbe facilitato di molto la memorizzazione degli articoli del codice civile per il diritto o le date per la storia.
Per circa un anno e mezzo dalla scoperta del libro di Buzan sono rimasto tuttavia in un limbo di immobilità, giochicchiavo con le tecniche, non in modo costante e senza andare troppo in profondità.
La svolta mnemonica c’è stata quando mi sono finalmente deciso a memorizzare un mazzo di carte, che era la cosa su cui ero molto in difficoltà.
Per memorizzare un mazzo di carte uno deve padroneggiare tante tecniche in contemporanea: la prima è quella dei loci ( vanno costruiti dei percorsi dedicati ), poi bisogna trovare il sistema per codificare le carte in immagini, quindi va trovato un sistema per associare efficacemente le immagini delle carte tra di loro e con i loci ecc.-
Ho incominciato quindi ad andare in profondità ed a sviluppare il cosiddetto pensiero laterale, fulcro del famoso modello dei sei cappelli pensanti di De Bono., non solo per le carte ma in generale
I cappelli metaforicamente incarnano diversi punti di vista, anche quelli più lontani dalla nostra indole. Quando dovevo analizzare qualche metodo, “indossavo un cappello” alla volta per vederlo sempre da punti diversi.
Questo ci libera dagli schemi creati dalla posizione e dal carattere, permettendo agli ottimisti di esprimere pensieri negativi o ai razionali di provare ad essere creativi.
I cappelli, per chi non li conosce, esprimono 6 modi di pensare e vedere le cose:
bianco : ragionamento analitico e imparziale, riporta i fatti come sono;
rosso: espressione dell’intuizione ed emotività;
nero: rileva gli aspetti negativi, le ragioni per cui la cosa non può andare;
giallo:rileva gli aspetti positivi, i vantaggi e le opportunità;
verde: indica sbocchi creativi, nuove idee, visioni insolite
blu: stabilisce priorità, pianifica, stabilisce le regole del gioco.
Di fronte a tante tecniche, il cappello che più mi ha intrigato è sempre quello verde,
La visione insolita, nuova, creativa , mi ha letteralmente spinto ad estendere il mio interesse verso tanti autori stranieri, il materiale in italiano era praticamente inesistente in materia
Questo approccio e questa visione delle cose mi ha dato lo spunto per approfondire ogni tecnica od espediente.
Guardare le cose nella loro completezza, analizzando punti di vista sempre diversi, è questo il mio mantra mnemonico, che mi ha consentito e mi consente tuttora di acquisire nuove conoscenze
CITAZIONE
<<e’ un qualcosa che ho fatto moltissimi anni fa, li ricordo quasi tutti anche se qualcuno non proprio alla perfezione..>> (Massimiliano Masala)
Devo dire che è una performance notevole, complimenti davvero Massimiliano!!!
CITAZIONE
<<…ricordo il testo come quando studiavo le poesie a scuola ma non ricordo più la quasi totalità delle immagini che avevo utilizzato per memorizzare quei 12 articoli, a parte alcune che hanno avuto un impatto visivo superiore rispetto ad altre. Sto cercando di capire se la mnemotecnica in questo caso è servita solo temporaneamente per consolidare le tracce audio o in qualche modo a livello inconscio attiva le memorie che mi permettono di recitare ogni articolo>> (Massimiliano Masala)
Le immagini mnemoniche sono come le impalcature quando si costruisce una casa.
Se la casa non è stabile (quello che devo ricordare), le impalcature mi aiutano sempre a stare in equilibrio e a non cadere (ossia a ricordare) , usando un’altra metafora sono anche una sorta di pilota automatico che si attiva quando guidando perdo l’orientamento (ossia il ricordo)
Normalmente, quando il materiale da memorizzare si è trasformato in conoscenza, è come se le immagini evaporassero (anche se non proprio del tutto), lasciando spazio solo al ricordo delle cose.
<<once the information is etiched into your mind, when it become knowledge, the original associations or picture fade, you no longer need them >> ( Super Memory Super Student- How to raise your grades in 30 days. Harry Lorayne)
Un altro elemento importante a mio avviso da tenere in considerazione è il momento dell’originario processo di memorizzazione.
Ci sono diversi studi che evidenziano come una metodologia piuttosto che un ‘altra faciliti il passaggio ed il fissaggio del materiale informativo nella memoria a m/l.
Tale considerazione mi ricorda questo episodio, che ho già avuto modo di citare.
Più di due anni or sono ho imparato a memoria una poesia, con la tecnica dei loci, ripetendo a voce alta durante la memorizzazione i versi stessi, gesticolando e mimando le immagini che via via si formavano.
La cosa incredibile è che quella poesia non riesco proprio a dimenticarla.
La scorsa settimana è stato pubblicato uno studio dell’Università di Waterloo che riporta come memorizzare ad alta voce favorisca il trasferimento del materiale nella memoria a m/l.
Lo studio mostra come la doppia azione del parlare ed ascoltare se stessi amplifichi questo ’impatto sulla memoria a m/l.
Tale studio ha testato 4 metodi per studiare informazioni scritte: leggere silenziosamente; ascoltare qualcun altro che legge; ascoltare una registrazione di se stessi; leggere e studiare a voce alta
La cosa più interessante di tale lavoro , più che il suo risultato, è secondo me la conferma che nel primo momento della memorizzazione possono innescarsi dei meccanismi, che a livello cosciente magari non percepiamo, che possono attivare aree celebrali più ampie, conferendo poi una diversa e più profonda marcatura del ricordo.
Nel tuo caso a mio avviso deve essere scattato un qualcosa di simile, una serie di meccanismi potrebbero aver attivato aree celebrali più ampie, con una maggiore forza dell’inprinting mnemonico.
Di quella poesia che so perfettamente, non ricordo invece più alcuna immagine, tranne una, sono tutte “evaporate” e sostituite completamente dalla conoscenza acquisita, ossia il testo della poesia .
CITAZIONE
… e se utilizzassi la strategia di loci temporanei della tua tecnica, probabilmente la potenzierei con la mia tecnica dei loci temporali. (Massimiliano Masala)
Non comprendo cosa vuoi dire in questo passaggio, in particolare quando parli di loci temporanei , che non so cosa siano
CITAZIONE
<< La fragilità della tecnica di SKARD, a parer mio ovviamente, risiede nel fatto che non vengono utilizzati dei ricordi a lungo termine per memorizzare informazioni>> (Massimiliano Masala)
Dipende a mio avviso da come viene usata la sua tecnica.
Nell’esempio che ho fatto, se la stanza degli ospiti, la prima parola del primo verso, che diventa il luogo di ambientazione delle parole “torture”, “invenzione”, “nuovo spionaggio”, “industriale”, diventa la stanza degli ospiti di casa mia, quel loco è un qualcosa di perfettamente radicato nella mia memoria a m/l.
Lo stesso dicasi per il campo di prigionia. Se quel film per me riveste un particolare significato emotivo, se l’ho visto diverse volte, è un ricordo a m/l perfettamente stabile come qualunque altro loco che abbia un particolare significato personale ed emotivo.
La vera abilità nell’uso della tecnica di Skard è secondo me riuscire a trasformare la parola , oggetto di ambientazione delle scene, in un loco che abbia una valenza emotiva , che sia ancorata a dei ricordi stabili o sia esso stesso un ricordo stabile.
Se la porta con la rete è la porta di calcio dove mi allenavo con la squadra giovanile di calcio (ho giocato sino a 17 anni, sfiorando un provino con una squadra professionistica) , quella porta è per me personalmente un ricordo solidissimo a m/l ; se penso a quella porta mi affiorano alla mente una miriade di ricordi, personalmente sarebbe un gancio mnemonico stabile e potente.
Se il libro diventa non un libro generico ma il libro che mi ha regalato la morosa o che mi è stato regalato il giorno della laurea, non è un’immagine qualunque, ma un qualcosa di perfettamente radicato nella mia memoria a m/l.
Nei casi in cui il loco non abbia un ‘immediato ancoraggio con ricordi a m/l termine o di fatto sia un loco “nuovo”, creato con l’immaginazione sul momento “tu cur”, è inevitabile che dovrò ripercorrerlo con maggiore frequenza per fissarne il contenuto.
E’ come se stessi parlando di un loco artificiale.
In questi casi illuminante è però il passaggio di Giordano Bruno
<< Cosa impedisce all’immaginazione di sostituire i “subiecta” vecchi con altri costruiti da sè’? Tuttavia questi non vengono posseduti con la medesima facilità con cui vengono formati; ad essi bisogna applicarsi con il pensiero, tanto da farli diventare così consueti da non differire in nulla da quelli veri>>CITAZIONE
<<. ..non capisco chiaramente cosa intendi per “spazi mnemonici” (Massimiliano Masala)
Il sistema dei loci verbali può essere interpretato come un sistema di loci variabili/mobili
Non esiste in tale sistema una sovra struttura pre costituita, ma viene creata al momento della memorizzazione con il loco rappresentativo della prima parola chiave da memorizzare.
L’abilità sta nel trovare un loco ancorato ad un ricordo a m/l o esso stesso un ricordo a m/l.
L’attributo variabile /mobile va a codificare la costante varietà, intesa come struttura mnemonica.
Tali loci poi sono interconnessi l’uno con l’altro grazie ad una sequenzialità spaziale questa si pre definita a priori.
Lo spazio mnemonico viene quindi ad essere sempre esploso o dettagliato, con un visione spaziale che va ad abbracciare distintamente sempre un sopra, un sotto, un fianco , un lato, un dietro. Questo aspetto è tanto più marcato quando il loco è una persona; un modo quindi attivo di concepire gli spazi
L’ordinamento dei vari loci e quindi degli spazi mnemonici nel sistema di Skard è determinato in prima battuta dalla loro interconnessione circolare ad orologio, ripetuta, per essere rafforzato poi ad un ulteriore livello dalla struttura di loci ordinari in cui vado a collocare gli indici visivi rappresentativi dei loci mobili interconnessi fra di loro
In un certo senso è il loco che si adatta, o meglio che assume sovrastrutture sempre diverse. Non è il materiale che va ad adattarsi ad una struttura mnemonica già precostituita.
E’ una sfumatura davvero sottile e non facile da cogliere ma che si inserisce un po’ nella visione di Giordano Bruno, dove il loco, inteso come struttura, viene sempre adattato al materiale da memorizzare
Viva