| Citazione “Alla luce della ricerca scientifica sappiamo invece che non ha alcun fondamento: logico od illogiche non fa alcuna differenza" (Iramian, post del 14.11.2017)
Ciao Iramian. Vorrei esporti le mie considerazioni che , su questo punto specifico, mi vedono in posizione diametralmente opposta alla tua. La tua opinione è sicuramente rispettabilissima, anche perché in campo mnemonico vige sempre una grande alea di soggettività. Per quanto mi riguarda però, in tema di ricordo di immagini illogiche od ordinarie, non c’è il minimo dubbio sulla maggiore qualità e durata del ricordo delle prime rispetto alle seconde. Le mie argomentazioni trovano il loro fondamento in : ricerche ed evidenze empiriche estese su un orizzonte temporale di oltre trent’anni; insegnamenti e precetti derivanti dall’arte classica della memoria artificiale; utilizzazione di questi principi in ambiti diversi da quello prettamente mnemonico; la mia personale esperienza . A)Vi sono importanti ricerche, studi ed analisi, sviluppate in un arco temporale ultra trentennale : Defining and measuring vividness – A- Ahsen, “Prologue to Vivideness Paradox”, Journal of Mental Imagery; D. Resiberg, L. Culver, F. Heuer and D. Fischman “Visual Memory: When Imagery Vividness Make a difference”, Journal of Mental Imagery; Images, Organisation and Discriminative Process, Canadian Journal of Psychology; Imagery Instruction and the Organisation of Memory; Image Detail and Recall: evidence for whithin – Item Elaboration, “Journal of Experimental Psychology: Human Learning and Memory”. Richardson, “The Voluntary Use of Memory Imagery as an Aid to Learning and Performance; Paired associates – G. H. Bower, “Mental Imagery and Associative Learning”, in Cognition in Learning and Memory; List of words . P. S. Delin, “Learning and Retention of English Words with Successive Approximations to a Complex Mnemonic Instruction”, Psychonomic Science; Individual Differences in the Control of Imagery Processing: Knowing How, Knowing When, and Knowing Self ; Why Never Forgetting a Face Matters: Visual Imagery and Social Memory, “Journal of Personality and Social Psychology Gli studi citati, unitamente a molti altri che non ho riportato, si sono posti come obiettivo l’individuazione dei principali elementi che favoriscono associazioni efficaci , con una conseguente migliore ritenzione del ricordo Il quadro emerso è così riassumibile: 1) Un immagine forte, chiara distinta, ha come elementi caratterizzanti :
Movimento//Sostituzione//Esagerazione, sia come dimensione sia come numero di elementi//Dettaglio//Familiarità. Una associazione illogica incorpora da sola diverse di queste caratteristiche, mentre una associazione logica ne incorpora sicuramente di meno 2) Interazione particolare (tra gli elementi da memorizzare) La tecnica di sostituzione, ad esempio, che è l’emblema dell’illogicità, crea per definizione una interazione assurda e fuori dal comune Lo stesso dicasi per il metodo del collegamento utilizzato da Dean Vaughn (terza tipologia di link) 3) Unicità, originalità, stranezza Un’ immagine strana, illogica e implausibile assume il carattere dell’unicità. E’ risaputo ormai che l’unicità aiuta la memoria . B)In merito agli insegnamenti del mondo classico sulla natura delle immagini, mi limito a riportare un passo illuminante dell’Ad Herennium (90 A.C.), ripreso in “L’arte della memoria “ di Frances A. Yates. <<..ma se vediamo qualcosa di eccezionalmente basso, vergognoso, inconsueto, grande, incredibile o ridicolo, siamo soliti ricordarcene a lungo….. Non potrebbe essere così se non perché le cose abituali scivolano via facilmente dalla memoria, mentre quelle eccitanti e nuove si fissano più a lungo nella mente..Un’ aurora, il corso del sole, un tramonto non sono sorprendenti per nessuno perché accadono ogni giorno. Ma le eclissi di sole sono fonte di meraviglia, perché avvengono di rado… Così la natura mostra che essa non è turbata da eventi comuni e consueti, ma è scossa da un avvenimento nuovo e straordinario. L’arte dunque imiti la natura… la scelga a sua guida… fissiamo immagini efficaci -immagini agentes-, assegnando ad esse eccezionale bellezza o bruttezza, … oppure attribuendo alle immagini qualcosa di ridicolo, poiché anche questo ci permette di ricordarle più facilmente..>> Immagini insolite, impressionanti, belle o disgustose, oscene o comiche suscitano di fatto degli urti emozionali che “impressionano “ maggiormente la nostra memoria C) In campo pubblicitario, il postulato di una maggiore memorabilità delle immagini ed associazioni illogiche, e conseguentemente di un loro migliore ricordo, viene spesso sfruttato Mi viene in mente uno spot “cult” degli anni ’80: la pubblicità del “ grande pennello cinghiale”. Penso che nessuno della mia generazione abbia dimenticato la scena dell’imbianchino in sella ad una bici, di fatto un enorme pennello, che viene fermato da un vigile… Se mi chiedessero: quale animale di una pubblicità ti viene in mente? Io guardo poca Tv, ma l’immagine della mucca viola di una famosa cioccolata ha colpito la mia immaginazione e, penso, anche quella di tanti altri… D) Tutto deve essere contestualizzato alla propria esperienza concreta. La mia esperienza personale mi conferma senza dubbio alcuno una maggiore qualità mnemonica delle immagini illogiche ed inusuali rispetto a quelle logiche Le numerose ricerche ed evidenze empiriche, i fondamenti dell’arte classica della memoria , le prove sul “campo”, le applicazioni del postulato al di fuori del campo mnemonico, mi allineano perfettamente con l’affermazione di Massimiliano [color=blue]“..tra il voler ricordare un pensiero logico e un pensiero illogico, sono più che certo che quello illogico ha più opportunità di essere ricordato (Massimiliano Masala, post del 14.11.2017) Citazione: Lo descrive Muriel nella seconda parte del suo post quando parla di parole non visualizzabili; che poi sarebbe la vera e propria sostituzione. In pratica : sostituisco il termine che non riesco a visualizzare con qualcosa che ci somiglia (per scomposizione, metafora, assonanza ecc) - Iramian, post del 14/11/2017- La scomposizione, metafora , assonanza , non sono la tecnica di sostituzione. E’ vero che sostituiscono l’immagine di una cosa non sensibile con qualcosa che lo è , ma rappresentano lo strumento per rendere “visibile” uno od entrambi gli elementi che, con la particolare modalità associativa di “sostituzione”, genereranno poi il costrutto mnemonico paradossale ed inverosimile. Prima quindi rendo percepibile agli occhi della mente quello che non lo è, sarà poi la particolare interazione associativa tra questi elementi resi sensibili , detta appunto tecnica di sostituzione, che sfocerà in un immagine inusuale ed illogica. La tecnica di sostituzione , come già specificato, rappresenta una delle tre possibili varianti del link method. Quello di cui parli è il “Substitute word”, il metodo sistematico usato da Lorayne per convertire il termine da memorizzare in un immagine di qualcosa avente il suono similare. Questo passaggio è propedeutico poi all’applicazione della tecnica di sostituzione. E’ una differenza sottile ma ci tenevo a questa puntualizzazione Esempi: devo convertire il cognome “Smolenski”, con il substitute Word diventa: “small lens skiing”; <<krakowitz>> diventa “cracker witz”; <<esposito>> diventa “expose a toe”- La fonetica anglosassone aiuta questo tipo di espediente , nella lingua italiana è più difficile applicare l’assonanza in modo sistematico, sia convertendo la parola in un altro termine, sia scomponendo la parola in uno più’ termini visualizzabili. Dean Vaughn chiama questo espediente <<audionym>>(“it’ a sound name for a word you want to remember”) e rappresenta il secondo step del suo sistema di memoria (il primo step è la creazione di loci strutturati ). Il collegamento poi tra l’”Audionum” (che è il termine noto dell’associazione) ed il termine da memorizzare, viene effettuato dall’autore americano utilizzando una metodologia di collegamento o link che si distingue sia dal metodo della storia, sia dal metodo di sostituzione [color=blue]Citazione ….tutti questi mnemonisti e sviluppatori di metodi per ricordare di ieri e di oggi, puntavano e puntano esclusivamente, nella maggior parte dei casi, alla conversione e memorizzazione dei suoni fonetici in visivi, più che alla memorizzazione delle immagini pure e semplici (Alessandro Masala, 14/11/201
Ciao Massimiliano Sono d’accordo con quello che affermi. Giustamente hai precisato nella “maggior parte dei casi”. A questo punto vorrei portare un contributo a completamento del ragionamento Il punto di partenza è la distinzione tra “Memoria Rerum “ e “Memoria Verborum”. La prima attiene alla memorizzazione di idee, cose concetti, la seconda alla memorizzazione verbale, o parola per parola . La memoria Verborum è sicuramente più complessa di quella Rerum Per il primo tipo di memoria è più agevole ricorrere a immagini “sensibili” ossia direttamente visualizzabili senza ricorrere in maniera intensiva alla assonanza o somiglianza fonetica con il termine da memorizzare. Per la memoria verborum invece è richiesto un maggior ricorso a parole che la memoria ricerca in virtù della loro somiglianza fonetica con le parole da ricordare . Tale stratagemma è stato suggerito in primis nell’”Ad Herennium “ , quando si propone l’aggancio <<domizio>> per ricordare il termine “domuitionem”; l’autore del testo incoraggia inoltre l’applicazione della memoria verborum, sicuramente di maggiore difficoltà, ma per questo con effetti benefici in termini di potenziamento della memoria per le cose. Questa impostazione poi è stata sostanzialmente mantenuta nel tempo: nel medioevo l’ars memoria classica sopravvive rifugiandosi nei monasteri; l’Ad Herennium, Cicerone, Aristotele , Quintiliano, permangono i suoi capisaldi. Con gli scolastici Tommaso D’Aquino e Alberto Magno i precetti classici rimangono pressochè immutati tranne lievi caratterizzazioni E’ nel 1400 tuttavia che iniziano a delinearsi le prime novità per quanto concerne la memoria verborum: nascono i primi alfabeti visivi: immagini organizzate la cui iniziale del nome coincide con la lettera da memorizzare, oppure oggetti la cui forma ricorda la lettera stessa , come ad esempio un compasso per la lettera A. Sistemi del genere presentano molti elementi di rigidità, a cui Pietro da Ravenna tenta di dare una prima soluzione, elaborando un metodo per la memorizzazione delle prime lettere di una parola , con la funzione di ganci mnemonici per richiamare la parte restante della parola stessa con l’ausilio della memoria naturale. Pietro da Ravenna introduce una novità assoluta: non più un luogo per ogni immagine, ma più immagini all’interno dello stesso loco, andando a definire precise regole per ordinare le collocazione delle immagini stesse e consentirne il corretto recupero in una fase successiva . Per la prima volta viene introdotta la regola di avere sempre una persona come immagine principale a cui connettere gesti ed oggetti in qualità di immagine secondaria Altri autori famosi quali Romberch, Publicio, Rosselli, non aggiungono molto a quanto detto se non la costituzione di liste di immagini <<pre –confezionate>> per gli alfabeti visivi. La svolta radicale in tema di memoria Verborum è rappresentata dalla comparsa di Giordano Bruno. Il nolano introduce un principio rivoluzionario per l’epoca:l’associazione arbitraria. Questo è un passaggio cruciale: in virtù di tale principio non viene più richiesto che la prima lettera del nome o dell’agente o dell’azione stessa sia la stessa che si vuole esprimere. Il principio di arbitrarietà e soggettività delle associazioni lo slega in maniera definitiva dallo schema degli alfabeti visivi: il focus dalla “fonetica” passa “all’immagine”. La cura per le immagini diventa una delle caratteristiche peculiari di Giordano Bruno. Come ho già avuto modo di accennare in precedenti post, redige in maniera organica e rigorosa, “ trenta regole” per la costruzioni delle immagini mnemoniche, contenute, con leggere variazioni, in tre libri : 1)Canto Circeo; 2) Ars Reminescendi; 3) De Imaginum Compositione- Giordano Bruno poi si spinge oltre: quando l’applicazione delle trenta regole non è sufficiente, entrano in campo gli insegnamenti e le sofisticate tecniche combinatorie contenute nel De Umbris Idearum. L’opera è focalizzata proprio sulla memoria verborum. Il nolano riesce in quello che nessuno era riuscito prima: memorizzare in un unico loco ogni tipo di parola di qualunque lingua, tramite una immagine unitaria, che non risente dell’entropia del sistema causata dagli alfabeti visivi, che portavano a collocare e ricollocare sempre le stesse immagini con il rischio di confusione nel recupero del materiale mnemonico. Il suo sistema combinatorio è un qualcosa a dir poco imponente, avendo potenzialmente 75,9 miliardi di possibili immagini mnemoniche (150*150*150*150*150= 75,9 miliardi) Le immagini vengono sempre concepite come un tutt’uno con il loco “[color=blue]i subiecta diano ordine alle immagini oppure siano ordinati da esse, ciò infatti porta ad avere memoria delle stesse immagini”. Vengono inoltre utilizzate in modo innovativo e poliedrico: fisse o mobili, animate o meno, vanno a vivificare gli spazi, concorrono all’ordinamento ed alla strutturazione dei loci, si fanno portatrici di contenuto informativo articolato su diversi livelli, acquisendo di fatto una nuova dimensione Le immagini diventano “ombre delle idee”, la loro scomposizione in diversi “momenti visivi” derivanti dall’arte combinatoria fa acquisir loro contenuti informativi sempre nuovi. Nelle sue opere Giordano Bruno richiede sempre la soluzione di Enigmi e “l’apertura di Sigilli” o segreti (ovviamente mnemonici), dove le immagini hanno un ruolo di assoluta centralità. La risoluzione e comprensione degli stessi, cosa mai immediata e semplice, porta poi a vedere quelle stesse immagini con un altro occhio, a cui si dischiudono successivamente particolari, significati e contenuti prima “celati” La correlazione tra Personaggio (agens) ed azione è un’ulteriore invenzione di Giordano Bruno in tema di immagini. All’agente viene sempre accostata una specifica azione, in tal modo <b><<agens >>ed “actio” si rafforzano a vicenda compattando ulteriormente il sistema mnemonico. L’immagine di memoria viene concepita sempre come un insieme di parti tra loro collegate. Ad ogni personaggio viene riferito uno strumento (artificio questo peraltro già introdotto da Pietro da Ravenna) un tratto distintivo o stato dell’essere dell’agente, un elemento circostante o di sfondo. L’elemento di sfondo rappresenta una novità assoluta , anche per oggi, costituendo di fatto un secondo piano all’interno dell’immagine stessa , che acquisisce quindi una logica tridimensionale ed una “profondità spaziale” L’elemento di sfondo o circostante, che non va mai ad interferire con l’immagine principale, possiede a sua volta una propria strutturazione: queste scene circostanti sono scandite da ben precise sequenze visive: un protagonista, con una condizione dell’essere o connotazione emotiva, un azione ed un elemento compresente (alcuni esempi: sullo sfondo ascende un uomo nero , di smisurata statura, con occhi ardenti, col volto austero, cinto da un mantello bianco//Un uomo di colore rossiccio, vestito di abiti gialli, con la testa cinta d’oro, con un gallo nella mano destra a cavallo di un leone//Una fanciulla che tiene nella sinistra uno scudo rotondo e scaglia un dardo con la destra, seduta sopra un coccodrillo//Una donna cornuta a cavallo di un delfino, con un camaleonte nella destra e dei gigli nella sinistra//Un uomo di colore fulvo vestito di abiti rossi che porta un pesante scettro di ferro ed è a cavallo di un lupo//Un giovane che abbraccia una fanciulla di cui si è invaghito e accanto a loro due pavoni che lottano//Un uomo armato a cavallo di un leone, il cui elmo è beccato da un avvoltoio. //Un fanciullo alato coi capelli più brillanti dell’oro; le penne sono tutte variopinte, il fanciullo lancia dardi infuocati//Un uomo dal volto di cervo sopra un drago tiene nella destra un gufo che sta ingoiando un serpente//Un uomo nero con piedi di cammello, seduto su un drago alato, con un ramo di cipresso nella mano destra)//Un uomo sdraiato a terra che scosta a caso un bastone, pallido in viso e coi vestiti sporchi; vicino a lui c’è un maiale che scava manate di terra) Un ulteriore importante passaggio : le immagini delle prassi bruniane, utilizzate per la memorizzazione delle parole (memoria verbo rum) in virtù di un articolato sistema combinatorio sottostante, possono poi a loro volta svolgere la funzione di loci per le immagini di memoria rerum, grazie alla articolata strutturazione insita in esse. Diventano esse stesse oggetti mnemonici Potremo così abbinare un primo elemento informativo all’agente, un secondo riferito all’azione, un terzo allo stato dell’essere, il quarto allo strumento , il quinto all’elemento circostante, che a sua volta consente ulteriori sottoripartizioni del materiale informativo In merito agli elementi di sfondo, di cui in precedenza ho fornito qualche esempio, Giordano Bruno fornisce forti immagini in senso mnemonico: sono immagini dei decani dello zodiaco , dei diversi pianeti, delle case astrologiche, delle posizioni lunari ; immagini diffuse e conosciute da parte di tutti i lettori del tempo, quindi ben presenti nell’immaginario collettivo. Non sono assolutamente immagini magiche, con influssi astrali o celanti particolari segreti ermetici, come erroneamente aveva ipotizzato la Yates; l’insigne studiosa inglese, che con le sue opere ha fornito un monumentale contributo alla comprensione e studio dell’arte della memoria, in merito alle ruote mobili di Giordano Bruno ha preso una cantonata pazzesca; la cosa del resto non mi sorprende più di tanto, in quanto certe cose o le sperimenti concretamente o rimani invischiato in pericolose “trappole teoriche”. Le famose ruote mobili altro non sono quindi che l’immagine del suo sofisticato sistema combinatorio finalizzato alla memorizzazione delle parole, quindi alla memoria rerum. Le immagini proposte hanno semplicemente la finalità di lasciare un imprinting mnemonico per un loro migliore utilizzo, che nulla ha a che vedere con aspetti ermetici, magici e cabalistici Continuando nell’analisi, abbiamo quindi un’immagine strutturata potenzialmente su diversi livelli, che si accompagna ed interfaccia a sua volta con un sistema di loci , anche esso strutturato, con diverse modalità e livelli. I luoghi “accolgono” queste immagini fantastiche, visibili con l’occhio della fantasia, che possono essere apposte, tolte o rese mobili e vaganti dentro i luoghi mnemonici, con diversi gradi di subordinazione; immagini di agenti che a loro volta possono avere un’organizzazione interna gerarchica, immagini che possono ricoprire anche un ruolo solo accessorio di creazione di segni mnemonici negli spazi loci, quale veicolo per la generazione di ulteriori informazioni. Gli spazi loci vengono comunque sempre costruiti a misura di immagine. Nulla impedisce a Giordano Bruno di usare un portacenere come un loco; poiché possa fungere da scena , da contenitore dell’immagine, deve però essere ingrandito sino quasi alle dimensioni di una stanza o in modo tale da consentirne al suo interno una rappresentazione visiva. Anche questo è un modo diverso da parte di Giordano Bruno di concepire la combinazione immagine- loco Questa attenzione e cura quasi maniacale nella formazione e costruzione di diversi e complessi costrutti mnemonici, sempre mutevoli, purtroppo non ha avuto un seguito significativo. Ai giorni nostri, soprattutto nei Paesi di matrice anglosassone , il principio della corrispondenza fonetica tra materiale da memorizzare e sua immagine rappresentativa viene molto sfruttato. Si è persa la “focalizzazione verso le immagini”, verso quelle “ombre delle idee” che hanno determinato tuttavia un nuovo ed innovativo modo di concepire il loco e, di conseguenza, l’immagine stessa di memoria
Viva
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